Un incontro con uno dei tanti...

  Joel Samuele |

Un giorno come tanti scendo giù a Lavinio Mare, nella piazza dove bar e negozietti danno modo di riempire parte del tempo della giornata.

Questa volta ero sceso per comprare le nuove mascherine FFP2. Cosa voglia dire questa sigla non lo so, ma adesso si sono convinti che questa ulteriore misura di rigore serva a qualcosa. Un nuovo obolo giuridico da tenere in considerazione in alcuni contesti.

Adesso, penso mentre sto passeggiando verso il negozio dei cinesi, se le persone non si rendono conto della presa per il culo… Sono certo che passare queste festività indossando la mascherina all’aperto nelle piazze illuminate per le festività, dopo aver fatto tutto ciò che era richiesto per tornare ad una “normalità” che non tornerà mai più, riuscirà in qualche modo a far capire anche alle persone convinte sulla narrativa attuale, che forse forse il governo sta prendendo in giro le persone. E chi comanda non ha considerazione alcuna nemmeno per chi segue le regole, che in questo modo si trova sbeffeggiato dopo essersi organizzato per il capodanno.

Arrivando al negozio chiedo se hanno le mascherine FFP2. Me le indicano, ne compro 3 perché ne vendono 3 insieme. Altrimenti ne avrei comprata una sola che tanto mi serve solo per fare scena in alcuni contesti.

«Eh si le compro così, facciamo contento lo scemo», dico qualcosa per cominciare un discorso e vedere che succede.

Uno del negozio, si mostra d’accordo con quello che dico. Oramai stanco della situazione che va avanti ormai da due anni e sembra non volersi concludere mai.

Mentre mimo una situazione dove indosso un cappello a punta colorato (come possibile nuova misura decisa dal governo), e saltello con un piede solo dico:«oggi te dicono de fa’ così, domani te dicono de saltà su un piede solo...». Molte persone oramai prendono coscienza del fatto che le misure prese non hanno nulla a che vedere con la salute. Solamente non hanno tanto il coraggio di esprimerlo pubblicamente.

Pago le mascherine al ragazzo cinese alla cassa, e uscendo dal negozio mi fermo a parlare due minuti con quell’altro che lavora al negozio. Lui italiano, sulla trentina, forse superati, o forse mal portati. Consumato dalla vita. Con l’aspetto di chi per lavorare deve fare qualsiasi cosa. «Io purtroppo il vaccino me lo sono dovuto fare. Du’ dosi! Mi hanno costretto, per il lavoro».

Mi rendo conto che la rassegnazione spinge le persone a fare qualsiasi cosa. Io un po’ incredulo gli ho chiesto:«ma perché anche questo tipo di negozio necessità del green pass per lavorare?» E lui:«Si, perché è n’attività che stai a contatto co’ la ggente...»

Gli ho chiesto se avesse mai pensato di attuare delle strategie trasformando il negozio, in modo da tenere solo una persona alla volta a contatto con il pubblico, senza però tenere in considerazione se lui fosse o meno il titolare dell’attività. In ogni caso lui mi risponde che non c’è modo di aggirare questa situazione e che 15 Euro ogni due giorni sono troppi soldi da lasciare alla farmacia. Presupponendo quindi una situazione con 7 giorni lavorativi su 7, dove i costi da gestire sono troppo alti. E con in più il tempo da metterci per alzarsi prima per fare il tampone prima di arrivare in negozio.

Volevo vedere se avesse mai pensato a dei sistemi per aggirare questa situazione. Ma credo che tutto ciò non potrà durare a lungo, non per volontà di chi governa, ma perché queste situazioni prevedono che non puoi fare previsioni partendo dal rispettare le assurdità dette da chi comanda in questo momento, perché chi comanda non ha consapevolezza dei propri limiti. E quindi è destinato a scomparire prima o poi, non per volontà del popolo, ma perché questi ingranaggi prima o poi si rompono.

La discussione poi si sposta sul fatto che se non ci fosse stata tanta gente a credere a questa situazione, non saremmo ancora in queste condizioni. Gli dico:«Si, ma se le persone appena hanno cominciato a vaccinare erano già dal primo giorno in fila alle 5 di mattina, purtroppo non possiamo farci niente. Poi li ho visti questa estate quelli convinti di far parte della nuova Italia che rinasceva grazie al “rispetto delle regole”. Se ne andavano in giro con la mascherina, dopo aver mangiato al ristorante. Si facevano vedere come il gruppo di quelli responsabili».

Mentre dico questo parto dal presupposto mio personale che il modo di mangiare che utilizzano la maggior parte delle persone è scorretto. E sopratutto il consumo di cereali e latticini, comportano uno stato cronico di infiammazione, che causa normalmente quella situazione in cui una o due volte l’anno ci si ammala. Ma chi segue invece il sistema che io sono convito funzionare meglio, beneficia del fatto che raramente si ammalerà dei vari ceppi influenzali dei corona virus ormai tanto di moda. E quei “responsabili” che pensano di esserlo tanto, in realtà non lo sono per niente.

Scorrono questi ragionamenti, che faccio spesso in tanti contesti, e tante volte spesso mi rendo conto che sono io che credo a questo, ma non posso imporlo agli altri. Anche se mi fa rabbia pensare che quelli che parlano di responsabilità non sanno che andando a mangiare in quel modo al ristorante non stanno facendo qualcosa di concreto per fermare questo virus di cui molti dicono di essere preoccupati; e io invece sono preoccupato di chi è troppo focalizzato su questo aspetto senza però fare qualcosa di concreto per cambiare la situazione.

A questo punto il discorso con quello del negozio si sposta sul fatto che è impossibile credere alla narrazione attuale. «Se avessero voluto fare qualcosa avrebbero migliorato la sanità, messo qualche servizio gratuito come il dentista pubblico anche vicino casa senza perdere tempo con visite in giro chissà dove», dico io. Ma lui mi risponde sconfortato:«io c’avevo mi moglie che doveva fa la chemio, e l’hanno lasciata in corsia per giorni… poi l’ho persa».

Era ormai passato qualche anno da quando lui aveva perso la moglie. Era rassegnato, e allo stesso tempo spinto a vaccinarsi contro la sua volontà. Però mi rendo conto dentro di me, che se avessi voluto spiegargli il mio mondo, non avrei comunque concluso niente.

Per me questo mondo in generale tende ad accumulare patologie, e il cosiddetto mondo scientifico e sanitario non fa altro che farti girare a vuoto senza concludere nulla. Fino a quando non conosci qualcuno che ti indica una strada, ma per poterti accorgere di queste cose devi avere qualcosa dentro che ti dice “ci deve essere di più”. E sei sempre alla ricerca di soluzioni a cui pochi avevano pensato. E le incontri, talvolta dubitando e andando a tentativi.

A questo punto mi rendo conto che non posso dire nulla più a quello del negozio. Lui farfuglia qualcosa riguardo quello che si legge nei gruppi di controinformazione. O meglio l’informazione pilotata da chi vuole togliere il potere a chi c’è adesso, ma per poter fare delle cose che poi continueranno ad essere vessatorie nei confronti del popolo. Mi dice qualcosa tra il virus che è stato inventato, e la proteina spike che in realtà è un’altra cosa. E sinceramente non si è saputo spiegare bene, ma capisco che ha le idee confuse. Che è arrabbiato perché ha fatto qualcosa sotto ricatto, e che un giorno le persone come lui saranno la rabbia sommersa scatenante che verrà fuori.

Cosa faranno quelli che saranno riusciti a non farsi ricattare fino all’ultimo? Se ne staranno lì a guardare le persone che si scannano tra di loro. Quelli ricattati contro quelli ancora convinti, e quelli non più convinti contro loro stessi. Poi tutto tornerà ad una nuova “normalità”. Le persone vorranno inventarsi qualche cosa per dire che ormai quella cosa non più nominabile è oramai passata. Ma io invece ricorderò tutto per tenere presente che queste cose ogni tanto ritornano e bisogna farsi trovare preparati.

Però avere la consapevolezza di certe cose non è da tutti. E non so dove finisce la tristezza e comincia una sorta di presunzione di sapere come vanno le cose. So che non mi devo fermare, e un giorno anche coloro che adesso non vogliono capire saranno colti dal desiderio della curiosità, e di pensare “ci deve essere qualcosa di più”.