I democratici di Bernie Sanders abbracciano l’idea dei Programmi di Lavoro Garantito?

  Joel Samuele |

new-deal-1938

William Gropper | Construction of a Dam 1939

Questa opera murale è stata commissionata dal governo americano per celebrare la ripresa economica dovuta al New Deal. In questo post, vorrei spiegare perché questa immagine di testata diventa fuorviante rispetto all’idea dei Programmi di Lavoro Garantito, se non si capiscono alcune cose.

 

Lettura, analisi e considerazioni, sull’articolo di David Penado sulla proposta dei Programmi di Lavoro Garantito di cui si sta discutendo negli Stati Uniti.

Da anni sento parlare di Lavoro Garantito in modo teorico, dove la discussione spesso verte su «quanto costerebbe», non entrando mai in merito all’attuazione pratica di questa istituzione che dovrebbe un giorno nascere, ossia: quella dei Programmi di Lavoro Garantito.

Ma prima di andare avanti con le mie considerazioni leggiamo insieme una versione tradotta dal sottoscritto.

Leggi l’articolo originale su El Boletin

David Penado | 29 aprile 2018

I democratici di Bernie Sanders abbracciano l’idea dei Programmi di Lavoro Garantito.

Il partito di centrosinistra statunitense, sta virando verso posizioni politiche e programmatiche a favore di un maggiore intervenzionismo statale.

Durante le ultime settimane, tre delle principali figure del partito democratico statunitense, si sono manifestate a favore del Lavoro Garantito, una proposta di politica economica associata con le teorie postkenesiane per le quali il governo si impegnerebbe a offrire un lavoro a tutti quelli che lo desiderano.

Kirsten Gillibrand, senatrice di New York, è stata la prima a lanciare l’idea nel marzo scorso, seguita dal suo omologo del New Jarsey, Cory Booker, che una settimana fa appoggiò l’idea e inoltre presentò un programma pilota che partirebbe dallo sperimentare la proposta in 15 aree rurali e urbane durante un periodo di tre anni.

Ed infine, c’è anche chi è stato candidato alle primarie dei democratici del 2016, che oggi è senatore del Vermont, cioè Bernie Sanders, che ha dichiarato da alcuni giorni che sta preparando un proprio programma (riguardo il Lavoro Garantito). Una iniziativa che, secondo da quanto si è capito, si baserebbe nel garantire un salario di 15 $ l’ora e copertura assicurativa a qualsiasi lavoratore impegnato in settori come le infrastrutture, l’educazione, l’assistenza agli anziani o la cura del verde pubblico.

Il fatto che queste figure hanno anche l’aspirazione a candidarsi alle presidenziali del 2020 e che, di fatto, si dice che saranno candidati nelle primarie dei democratici, suppone anche che il partito di centrosinistra statunitense sta virando verso posizioni politiche e programmatiche a favore di un maggiore intervenzionismo statale; grossomodo si tratta di una rottura con le idee degli ultimi decenni.

Proprio Gillibrand indicò ai giornalisti di “The Nation” che “dopo decenni in cui gli interessi corporativi hanno controllato l’agenda di Washington D.C.” la sua proposta partirebbe dalla necessità di “tornare ad un’economia che premia i lavoratori, e non solo gli azionisti e i grandi dirigenti”. Una retorica e una dinamica a cui si sono aggiunti i candidati alle “legislative” di quest’anno come Alexandria Ocasio-Cortez che, anche lui dallo Stato di New York, aspira ad arrivare al Congresso.

Anche nello Stato della Grande Mela l’idea comincia ad essere egemonica contando con manifestazioni di appoggio anche in luoghi, che a priori, sono poco propizi a queste iniziative come le pagine di Bloomberg dove l’editorialista Noah Smith ha detto che considera che il Lavoro Garantito potrebbe essere l’iniziativa che genererà l’inizio di una dinamica positiva per l’economia nel suo insieme.

E nello stesso modo accade che, nell’ambito dei “think tanks” statunitensi vincolati alle posizioni progressiste come il Center on Budget and Policy Priorities o il Center for American Progress, sono stati pubblicati dei documenti con delle loro proposte dove, proprio in quest’ultimo, parlano di un nuovo “Piano Marshall”; mentre nel primo think tank, si parla di spingere per delle misure in campo economico attraverso una Banca Nazionale delle infrastrutture.

Più recentemente il Levy Institute of Bard College, qualche settimana fa pubblica un documento che starebbe in sintonia con le linee guide presentate da Sanders per la sua proposta che sta per diventare imminente. Non invano, come hanno segnalato analisti statunitensi come l’analista di dati Colin McAuliffe, al di là delle conseguenze economiche, la proposta del Lavoro Garantito sarebbe sicuramente un guadagno in termini elettorali per i democratici.

Il principale vantaggio sarebbe la capacità che la proposta (del Lavoro Garantito) ha di appellarsi ai votanti del “partito dell’asino” (cioè, sempre i democratici), che ha avuto difficoltà negli ultimi anni; specialmente nelle elezioni presidenziali del 2016 con la drammatica sconfitta di Hillary Clinton di fronte a Donald Trump che in alcuni collegi elettorali decisivi è riuscito a vincere per pochi voti, vincendo così le elezioni presidenziali (il sistema americano non è basato sulla maggioranza assoluta).

E come dire, la proposta del Lavoro Garantito appellerà direttamente ai votanti con basso salario fino ad arrivare a quelli a cui non stanno arrivando i benefici della crescita economica in successione alla brutale recessione originata dalla crisi finanziaria. E in più, questa mobilitazione si produrrebbe attraverso una nuova polarizzazione dell’elettorato che supererebbe le differenze di razza, ambendo ad entrare in una nuova classe media.

In questo modo, trattandosi di una proposta che beneficerebbe molto i lavoratori latinoamericani e afroamericani che sono maggiormente impegnati nei settori lavorativi più a basso reddito, o talvolta senza neanche la possibilità di avere un lavoro, cosi come ai bianchi colpiti dalla deindustrializzazione; il partito democratico vedrebbe la possibilità di riarmare le coalizioni elettorali che storicamente in passato li hanno portati alla vittoria.

Tutto questo funzionerebbe con un piano che oltretutto starebbe in sintonia con le concezioni e le idee tradizionali del paese nordamericano rispetto al lavoro. Dove già nel 1944, nel Discorso sullo stato dell'Unione Franklin Roosevelt parlò di stabilire “il diritto a un lavoro utile e remunerato nelle industrie, nei negozi, nelle fattorie o miniere del paese”.

 

Bene,

quello che si legge nell’articolo sono una serie di dichiarazioni che sembrano rendere «imminente» l’attuazione dei Programmi di Lavoro Garantito.

Andrebbe però considerato che…

  1. Noi non siamo negli Stati Uniti ma in Italia (lo dico per i lettori italiani ovviamente), e che anche se venissero attuati lì, non è detto che in automatico vengano attuati qui.
  2. L’idea dei PLG non è associabile esattamente al New Deal, o al Piano Marshall, o ai piani quinquennali, quadriennali di varia natura, molto in voga negli anni 30, o negli anni 50 per quanto riguarda ad esempio il piano quinquennale di Perón.
  3. Del come verranno gestiti i PLG, e di cosa si farebbe in questi, dovrebbe essere l’argomento di maggior interesse, perché ad esempio, un lavoro nei PLG vicino casa, ti da’ il diritto di rifiutarne uno troppo lontano da essa.

Invece tutta l’attenzione è volta al gossip politico, che non significa nulla di per se. I politici possono usare frasi fatte come “un lavoro per tutti coloro che lo desiderano e che sono in grado di farlo”, che sono ormai nel frasario pronto della Teoria Monetaria Moderna; ed un domani anche un Salvini, un Berlusconi, o uno di Liberi e Uguali (ma diversi da me), potrebbero dire in pubblico tali frasi, senza necessariamente capirne il significato intrinseco.

I Programmi di Lavoro Garantito dovrebbero essere intesi non come delle “grandi opere” dove tanti operai lavorano incessantemente. Se gli economisti MMT usano il New Deal come esempio, è solamente per mostrare che è possibile che lo Stato intervenga in economia, assumendo forza lavoro.

Ma i Programmi di Lavoro Garantito non devono essere per forza grandi opere dove si suda tantissimo. Anche perché escluderebbero tutti coloro che non hanno grande forza fisica.

Non dovrebbero neanche essere considerati dei posti dove si fa finta di lavorare.

Le grandi opere, e i lavori di manutenzione dovrebbero in linea di massima rientrare nel normale programma economico. Dove chiaramente però, è bello per gli economisti MMT rievocare le immagini del New Deal. Non a caso il dipinto in cima al post è un’opera anch’essa commissionata e pagata dallo Stato, per glorificare altre opere pianificate e pagate tramite la spesa pubblica.

Questi piani di opere pubbliche significano in termini politici: fare delle politiche di “Piena Occupazione”.

E solitamente i politici usano l’espressione “Piena Occupazione”, nel senso che ci sarà abbastanza lavoro da impiegare quasi tutti. Ed è quel quasi che ti frega (se ne parla in un articolo tradotto su ReteMMT).

Sappiamo che Pavlina Tcherneva ha parlato di Lavoro Garantito a Roma, ma cosa dovrebbe significare questo? (e dove è finito il video dell’incontro dico io...) Che l’incontro con Fassina avvicini l’idea del Lavoro Garantito standosene a casa senza neanche studiare?

Molti intendono per Lavoro Garantito un qualcosa che neanche loro vorrebbero fare. Si pensa a questo tipo di programmi come un qualcosa per i più sfortunati o “gli altri” senza pensare all’attuazione degli stessi.

Ad esempio: mi sembra chiaro ed evidente che di fronte all’affermazione “i Programmi di Lavoro Garantito si espandono quando c’è disoccupazione e si contraggono quando il settore privato riprende ad assumere”, non si pensa a come questo meccanismo potrebbe avvenire. La dinamica degli avvenimenti viene pensata come se i lavoratori fossero numeri intercambiabili e non individui con esigenze proprie.

colosseoquadrato
Colosseo Quadrato in costruzione 1940

Se consideriamo la costruzione del Colosseo Quadrato (ideato sull’onda delle costruzioni pubbliche degli anni 30) come esempio di opera di costruzione attuabile nei PLG, dobbiamo considerare che gli operai assunti, durante l’opera non possono andarsene a metà del lavoro svolto, perché “riassunti dal settore privato”. Quindi le grandi opere per assumere tutti i disoccupati, vanno in conflitto con l’idea dei PLG di assorbire temporaneamente i disoccupati, senza entrare in conflitto con il settore privato, che in caso di ripresa economica non troverebbe chi assumere in assenza totale di disoccupazione involontaria.

Ci si potrebbe opporre a questa tesi, dicendo che qualcuno che era rimasto senza lavoro lo si trova comunque.

Ma se tutti quelli che volevano lavorare hanno già cominciato a lavorare chi si dovrebbe assumere?

Si assume uno che non ha voglia di lavorare?

Per qualche singolo caso funziona, ma per i grandi numeri no. Anche quando l’economia è in espansione può darsi che alcuni abbiano un doppio lavoro, mentre altri nessuno, perché magari la loro mansione non è richiesta dal mercato del lavoro, o in qualche modo chi assume e chi cerca lavoro non si incontrano mai.

I meno affezionati all’idea dei Programmi di Lavoro Garantito (ossia quelli della emme-emme-tì e non della MMT), immaginano una soluzione molto semplice: I PLG non devono realmente assumere tutti.

Ed infatti i PLG non servono ad assumere tutti perché:

  1. dovrebbero assumere solo chi ha voglia di lavorare.
  2. I PLG necessitano comunque di una economia già in espansione, e che comprende anche grandi opere, dove però non tutti sono impiegati in queste grandi opere, o in opere di manutenzione, o in lavori che comunque non possono essere lasciati a metà. I PLG dovrebbero coprire in ultima analisi, tra l’1% e il 3% della forza lavoro rimanente che chiede un impiego generico.

Bisognerebbe discutere su cosa fare nei PLG, pensando che noi stessi potremmo starci all’interno. E che noi stessi potremmo aver bisogno prontamente di un reddito. Io sosterrei che i PLG devono includere idee di lavoro attuabili in una settimana, con cicli di lavoro settimanale a partire dal lunedì, fino al venerdì. Dove l’eventuale imprenditore avrebbe così l’opportunità di assumere personale che quantomeno è già certificato che arrivi puntuali a lavoro, a partire dalla settimana entrante.

Poi magari si potrebbero fare altri progetti di Lavoro Garantito da 1 a 3 mesi, quando la quota di disoccupati in attesa di un lavoro tradizionale diventa consistente.

So che il concetto di “consistente” è discutibile. Perché ad esempio i PLG dovrebbero assumere dall’1% al 3%, e non perché allora fino al 10%.

Di questo bisognerebbe discuterne. Il problema è che nel panorama sovranista, si dice il tutto e il contrario di tutto. Per questo la MMT (e non la “emme-emme-tì”), dovrebbe avere un proprio ambito di discussione, dove il primo obbiettivo dovrebbe essere quello di stabilire: che cosa si intende per Lavoro Garantito.

Considerando che, ad oggi nessuno ne sa realmente qualcosa, perché l’unico esempio, il Plan Jefes, è un esempio zoppo, perché partito male, e finito anche peggio. Gli economisti MMT non hanno responsabilità di questo, perché i politici argentini non hanno comunque seguito le loro indicazioni alla lettera.

Da questa esperienza però, gli economisti MMT hanno rilevato soddisfazione da parte dei partecipanti al programma, e questo significa che comunque ci sono stati dei risultati, ma sempre non soddisfacenti.

Ma non è possibile citare i piani argentini come esempio totalmente riuscito.

Così come non è possibile utilizzare l’argomento grandi opere, New Deal, Piano Marshall citato nell’articolo sopra, come esempi di PLG, perché essi assumono in un momento di disoccupazione e licenziano al termine dei lavori a prescindere dalla situazione individuale di ciascun lavoratore, e dal fatto che magari alcuni di loro avrebbero potuto trovare lavoro anche prima della fine di suddette opere.

Personalmente non sono per una economia che va sempre “a tutto gas”, ci dovrebbero essere dei momenti in cui si lavora di meno, dove però prima si è garantito a tutti una casa dove vivere, e comunque la capacità di svolgere un mestiere in proprio.

Nel momento in cui verranno istituiti i PLG, questi saranno permanenti, ed assorbiranno sempre una piccola o grande quota di disoccupazione rimanente. (L’idea doveva essere questa qui, o, ho capito male io?)

Verrà quindi un mondo dove non saremmo costretti a cercare il posto fisso, e potremmo quindi sperimentare nuove realtà lavorative, nuove idee sul vivere, facendoci forza sul fatto che nel momento in cui i progetti possono anche fallire, avremmo sempre un Lavoro Garantito da svolgere.

Quand’è che ci sarà un ambiente positivo per la discussione di tale argomento?

Di solito alcuni “sovranisti”, cioè il mucchio selvaggio dove si è riversato l’attivismo MMT, se ne escono con frasi scoraggianti, sull’idea che i PLG saranno per i nostri figli, anche se la nostra generazione (io sono del 1978) è fatta da molta gente che anche in tarda età non ha famiglia. Allora mi chiedo perché dovremmo fare qualcosa per un qualcuno che non ci sarà, e non per noi stessi permettendo magari a qualcun altro di ricorrere ai “tempi supplementari”.

 

meme-batman-PLG-figli